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Cambio alimentazione: sintomi da aspettarsi e come gestirli

Quando si cambia alimentazione, è comune sperimentare dei sintomi che possono variare in tipologia e intensità. Riconoscerli e sapere come gestirli è fondamentale per un passaggio più sereno e sostenibile ad un nuovo piano alimentare.

Cambiare alimentazione: quali sono i sintomi e perché si manifestano?

Durante i primi giorni di dieta, o comunque a seguito di cambiamenti importanti nel piano alimentare, è naturale sperimentare alcuni sintomi, talvolta fastidiosi.
Questi ultimi sono dovuti a diversi fattori, tra cui:

  • Modifica della flora batterica intestinale. Quest’ultima può essere importante qualora si introducano nella “nuova” alimentazione quantità superiori di frutta, verdura e fibre in generale. Solitamente è necessario qualche giorno perché la flora batterica si adatti e riequilibri;
  • Quantità di zuccheri e grassi più basse nel sangue. Si stima che il cibo ricco di zuccheri e grassi saturi – il cosiddetto “cibo spazzatura” favorisca la produzione di dopamina, il cosiddetto ormone del benessere (Elmonem & Ali, 2012). Cambiare alimentazione, magari in maniera repentina, porta il corpo a sperimentare effetti simili a delle piccole crisi di astinenza, per via delle minori quantità di zuccheri e grassi assunti;
  • Carenza di macronutrienti essenziali. Avviene spesso quando ci si affida al fai-da-te invece di consultare un professionista della nutrizione. Difatti, quando si cambia alimentazione è comunque necessario fornire al corpo tutti i macronutrienti essenziali per il suo funzionamento. Avviene ad esempio quando si sceglie di seguire una dieta di moda come la dieta plank, oppure si eliminano del tutto i carboidrati;
  • Quantità di cibo non adeguate. Quando si inizia a seguire un’alimentazione ipocalorica o per ingrassare, senza consultarsi con un professionista, spesso si tende semplicemente ad aumentare o diminuire le quantità di cibo assunto giornalmente. Ciò è sbagliato, e si rischia di mangiare troppo o troppo poco, causando danni all’organismo

I sintomi del cambio alimentazione

Detto ciò, passiamo ad analizzare i sintomi più comuni del cambio di alimentazione.

  • Disturbi gastrointestinali. Sono dovuti, come dicevamo, alla necessità per la flora batterica di riequilibrarsi. Possono manifestarsi gonfiore, presenza di gas, stitichezza e/o diarrea.  Per questo motivo, è generalmente consigliato procedere gradualmente qualora sia necessario introdurre nella dieta una quantità di fibre cui l’organismo non è abituato;
  • Mal di testa. Sono solitamente causati dalla riduzione dei carboidrati o l’introduzione di dolcificanti artificiali;
  • Sensazione di affaticamento. Anch’essa è dovuta soprattutto alla riduzione di carboidrati, che forniscono energia alle cellule. Una diminuzione, soprattutto se improvvisa, può causare una sensazione diffusa e persistente di calo energetico.
  • Irritabilità e disturbi dell’umore. Legati alle piccole “crisi di astinenza” menzionate poc’anzi, causate dalla riduzione (spesso repentina) di zuccheri e grassi.
  • “Voglia” di cibo spazzatura. Questo fenomeno è sia una reazione fisica che psicologica. Da un lato, il corpo avverte la “mancanza” di zuccheri e grassi saturi, poiché la loro riduzione può influire sulla produzione di dopamina. Dall’altro, il cibo spazzatura è piacevole al palato e gratificante. Quando si cambia dieta e si riduce il consumo di questi alimenti è naturale sperimentare la voglia di mangiarne ancora. Per questo motivo solitamente i professionisti della nutrizione consentono un “pasto libero” a settimana in media, in modo da rendere il piano alimentare più sostenibile e ridurre quanto più possibile il senso di privazione che il paziente potrebbe provare.

Se la dieta è comunque ben bilanciata, questi sintomi tendono ad attenuarsi fino a scomparire dopo i primi giorni di dieta o le prime settimane.

Tempo di adattamento del corpo a una nuova dieta

Dopo quanto tempo il corpo si abitua alla dieta? La risposta non è univoca, e dipende da diversi fattori difficilmente prevedibili.
I sintomi che abbiamo descritto potrebbero dunque ridursi drasticamente dopo i primi giorni di cambio alimentazione, oppure potrebbe essere necessario più tempo – fino a qualche settimana.

Tra le cause che influenzerebbero la durata dell’adattamento vi è l’entità del cambiamento dell’alimentazione, ovvero quanto differisce l’alimentazione “prima” e “dopo” il cambiamento. Ad esempio, il passaggio da una dieta onnivora a una dieta vegana potrebbe risultare per alcuni particolarmente disagevole nelle prime fasi.

Un nutrizionista, comunque, può suggerire metodi e accorgimenti per rendere la transizione meno gravosa possibile per il paziente.

Quali sono le tipologie di fame?

Anzitutto, cos’è esattamente la “fame”?
Tradizionalmente, associamo a questo termine uno stato biologico – oppure una percezione soggettiva dello stesso – che ci spinge a consumare del cibo.

Possiamo distinguere tra due tipologie di fame:

  • Fame omoestatica. Si verifica in risposta ad un deficit energetico nel corpo, ed è guidata dalla necessità biologica di mantenere l’equilibrio energetico, prevenendo eventuali carenze. È il tipo di fame che, ad esempio in seguito ad un periodo di digiuno, ci spinge a consumare del cibo. Non è legata alla ricerca di piacere, ma una risposta fisiologica alla necessità di ricevere nutrimento;
  • Fame edonica. È guidata non tanto dalla necessità di soddisfare un bisogno energetico o calorico, ma piuttosto dalla ricerca del “piacere” (Chmurzynska et al., 2021b). La fame edonica è dunque associata alla ricerca di alimenti cosiddetti palatabili, buoni per il palato, soddisfacenti, ricchi di grassi, sale e zuccheri. Si stima sia indotta soprattutto nelle società benestanti odierne: il cibo è, infatti, facilmente disponibile e ottenibile, e dunque consumato più spesso per ragioni legate al piacere rispetto a reali necessità nutrizionali. Proprio per questo motivo, si stima che la fame edonica possa avere effetti simili a quelli di attività come l’uso di droghe o il gioco d’azzardo compulsivo (Lowe & Butryn, 2007b).

Come non sentire la fame?

Sentire la fame non è negativo di per sé: come abbiamo visto, infatti, la fame omoestatica è una risposta fisiologica e necessaria con cui il nostro organismo “ci avvisa” di aver bisogno di energia. Un eccessivo senso di fame, persistente, potrebbe essere spia del fatto che ci stiamo sottoponendo ad una dieta ipocalorica eccessivamente rigida o sbilanciata. Chiedersi come abituare lo stomaco a mangiare poco potrebbe quindi essere deleterio.

Diverso discorso per quanto riguarda la fame edonica, che è legata al “soddisfacimento del palato”, rispetto che da necessità reali.

Esistono, comunque, degli accorgimenti che possiamo seguire:

  • Masticare lentamente, favorirebbe la digestione e consentirebbe di sentire prima il senso di sazietà;
  • Assumere quantità di acqua adeguate, idrata l’organismo e favorisce il senso di “pienezza” dello stomaco. Occorre consumare tra un litro e mezzo e due litri di acqua al giorno, in media;
  • Effettuare piccoli spuntini tra i pasti principali, magari composti da frutta e verdura;
  • Praticare il “mindful eating”, ossia concentrarsi consapevolmente su ciò che si mangia durante i pasti. Spesso i pasti vengono consumati in maniera distratta, lavorando o guardando la televisione. Essere pienamente presenti durante il pasto può favorire una migliore percezione del senso di sazietà (Warren et al., 2017). Tenere un diario alimentare può inoltre essere utile, soprattutto qualora si riscontrassero disturbi legati a possibili intolleranze alimentari. In tali situazioni, è consigliabile riferire tutto al proprio professionista di riferimento, che potrà prescrivere i test diagnostici più adeguati.

Cosa fare per migliorare il cambio sintomi della nuova alimentazione?

Il primo consiglio per gestire e migliorare il cambio sintomi causati da una nuova alimentazione è chiedere un consulto al proprio nutrizionista, soprattutto qualora questi ultimi fossero particolarmente forti – e legati ad altri disturbi, come il reflusso gastroesofageo.

In alcuni casi potrebbe essere infatti necessario apportare dei piccoli cambiamenti nel piano alimentare, oppure ricorrere alla prescrizione di integratori alimentari particolari.

È importante essere pazienti, in quanto nella maggior parte dei casi si tratta di sintomi passeggeri, e introdurre gradualmente i cambiamenti nella dieta. Modifiche troppo rapide potrebbero infatti causare o aggravare i sintomi.

Fonti:

  • Helland, M. H., & Nordbotten, G. L. (2021). Dietary Changes, Motivators, and Barriers Affecting Diet and Physical Activity among Overweight and Obese: A Mixed Methods Approach. International Journal of Environmental Research and Public Health, 18(20), 10582. https://doi.org/10.3390/ijerph182010582 
  • Tapsell, L. C. (2017). Dietary behaviour changes to improve nutritional quality and health outcomes☆. Chronic Diseases and Translational Medicine, 3(3), 154–158. https://doi.org/10.1016/j.cdtm.2017.06.005 
  • Østgaard, H., Hausken, T., Gundersen, D., & El-Salhy, M. (2012). Diet and effects of diet management on quality of life and symptoms in patients with irritable bowel syndrome. Molecular Medicine Reports. https://doi.org/10.3892/mmr.2012.843 
  • Lowe, M. R., & Butryn, M. L. (2007). Hedonic hunger: A new dimension of appetite? Physiology & Behavior, 91(4), 432–439. https://doi.org/10.1016/j.physbeh.2007.04.006 
  • Chmurzynska, A., Mlodzik-Czyzewska, M. A., Radziejewska, A., & Wiebe, D. J. (2021). Hedonic Hunger Is Associated with Intake of Certain High-Fat Food Types and BMI in 20- to 40-Year-Old Adults. Journal of Nutrition, 151(4), 820–825. https://doi.org/10.1093/jn/nxaa434 
  • Elmonem, H., & Ali, E. (2012). Effects of Junk Foods on Brain Neurotransmitters (Dopamine and Serotonin) and some Biochemical Parameters in Albino Rats. Egyptian Journal of Radiation Sciences and Applications, 25(1), 23–42. https://doi.org/10.21608/ejrsa.2012.1486 
  • Hall, K. D. (2010). Predicting metabolic adaptation, body weight change, and energy intake in humans. AJP Endocrinology and Metabolism, 298(3), E449–E466. https://doi.org/10.1152/ajpendo.00559.2009 
  • Matthen, M. (2023). Hunger, homeostasis, and desire. Mind & Language, 39(3), 397–414. https://doi.org/10.1111/mila.12496 
  • Warren, J. M., Smith, N., & Ashwell, M. (2017). A structured literature review on the role of mindfulness, mindful eating and intuitive eating in changing eating behaviours: effectiveness and associated potential mechanisms. Nutrition Research Reviews, 30(2), 272–283. https://doi.org/10.1017/s0954422417000154