La celiachia è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino, che si attiva in persone geneticamente predisposte quando mangiano glutine.
Che cos’è la celiachia?
La celiachia è una malattia infiammatoria cronica dell’intestino che si manifesta in persone con una predisposizione genetica quando consumano alimenti contenenti glutine. In Italia circa l’1% della popolazione ha ottenuto una diagnosi di celiachia; tuttavia si stima che le persone affette – contando gli asintomatici – siano molte di più.
Negli individui affetti, l’assunzione di glutine causa un’infiammazione che danneggia il rivestimento dell’intestino – i cosiddetti villi intestinali – impedendo l’assorbimento di alcuni nutrienti. L’infiammazione viene causata dal sistema immunitario dell’individuo celiaco, che identifica erroneamente il glutine come una sostanza nociva e cerca di eliminarlo.
Cos’è il glutine, e dove si trova?
Il glutine è una particolare proteina contenuta nell’orzo, nel segale e nel grano, ed è dunque presente in alimenti come la pasta, il pane, la pizza – e, in generale, in ogni derivato di questi alimenti.
Il glutine è composto da due proteine:
- Glutenina;
- Gliadina.
In natura queste proteine sono necessarie per la germinazione dei semi. Noi, invece, comunemente sfruttiamo le loro proprietà per favorire la lievitazione degli alimenti.
Sintomi e segnali della celiachia
I sintomi più comuni della celiachia, o morbo celiaco, sono simili a quelli che si riscontrano in presenza di intolleranze, come quella al lattosio, e in particolare, a seguito di ingestione di alimenti contenenti glutine:
- Crampi addominali;
- più raramente, bruciore di stomaco e gastrite;
- Gonfiore e meteorismo;
- Diarrea;
- Perdita di peso.
Vi sono però anche ulteriori sintomi, nella cosiddetta forma atipica della malattia celiaca, più rari. Tra questi:
- Alopecia;
- Stanchezza e affaticamento persistenti, spesso dovuti a carenze di ferro;
- Vomito;
- Dismenorrea, irregolarità e disturbi del ciclo mestruale;
- Infertilità o poliabortività spontanea;
- Perdita dello smalto dentale;
- Riduzione della massa ossea;
- Lesioni ricorrenti o ulcere del cavo orale.
Tra i sintomi neurologici della celiachia ricordiamo:
- Parestesia, ovvero formicolio e intorpidimento degli arti superiori e inferiori;
- Atassia, ovvero mancanza di coordinazione muscolare.
La celiachia può inoltre essere asintomatica, e diagnosticata durante screening appositi, durante cure o test per individuare altri disturbi.
È importante trattare la celiachia? Le conseguenze a lungo termine
È assolutamente cruciale individuare e trattare opportunamente la celiachia, per evitare conseguenze o l’insorgere di ulteriori malattie anche gravi.
Inoltre, le persone affette da celiachia non adeguatamente hanno una maggiore probabilità di sviluppare malattie autoimmuni rispetto al resto della popolazione (Lauret & Rodrigo, 2013).
Tra queste:
- Diabete di tipo 1;
- Epatite;
- Sindrome di Sjogren;
- Artrite.
Cause e diagnosi della celiachia: test e procedure
Non esiste un identikit preciso che consenta di definire “a priori” chi siano i celiaci.
La celiachia è infatti una malattia multifattoriale, che si sviluppa in presenza di due fattori:
- La predisposizione genetica;
- Il consumo di glutine.
Tuttavia, si stima che solo circa il 3% delle persone geneticamente predisposte che consumano glutine sviluppi la malattia nel corso della vita. I fattori che scatenano effettivamente l’insorgenza della celiachia non sono ancora del tutto chiari. Per lungo tempo si è sospettato che le circostanze legate alla nascita, la durata dell’allattamento o l’età cui si introduce il glutine nella dieta fossero fattori da tenere in considerazione per il rischio o meno di sviluppare la malattia.
Tuttavia, ad oggi, tali sospetti non trovano reale riscontro nei risultati delle ricerche (Sahin, 2021).
Qualora vi siano dei sospetti, la diagnosi di celiachia deve essere effettuata dal medico. Ad oggi la malattia può essere individuata con certezza tramite degli esami del sangue e la biopsia del duodeno.
Trattamenti e gestione della celiachia
Non esistono “cure” per la celiachia. L’unico trattamento possibile è una dieta priva di glutine, o cosiddetta dieta gluten-free.
Seguire tale dieta consente all’organismo di ricostruire i tessuti intestinali danneggiati e di eliminare i sintomi della malattia.
A seconda della gravità, ad esempio se l’individuo è sottopeso, il medico potrebbe ritenere opportuno prescrivere degli integratori, oppure una dieta priva di glutine ma pensata appositamente per fargli prendere peso.
Dieta senza glutine: cosa sapere
Nel seguire una dieta senza glutine è necessario anzitutto farsi seguire da un professionista. Solo quest’ultimo, infatti, sarà in grado di indicare al paziente gli alimenti più adatti, anche tenendo conto delle sue preferenze e della sua alimentazione pre-diagnosi.
Una dieta sbilanciata, infatti, potrebbe portare causare problemi metabolici a breve e lungo termine.
Cosa non si può mangiare se si è celiaci?
Tra i cibi che non è possibile mangiare in caso di celiachia troviamo:
- Il frumento;
- L’orzo;
- Il segale.
Ovviamente, non è possibile consumare neanche alimenti derivati o prodotti tramite farine di tali cereali: pane, pasta, prodotti da forno e così via. Per questo, spesso si tende a confondere la dieta gluten-free con le diete a basso contenuto di caboidrati.
Non sono, tuttavia, gli unici alimenti cui occorre fare attenzione se si è celiaci. Il glutine, infatti, può essere contenuto anche in:
- Alimenti processati, ad esempio hamburger o polpette;
- Condimenti o salse;
- Alcuni tipi di snack, ad esempio cioccolata contenente cereali;
- Alcuni tipi di bevande alcoliche, come la birra.
È importante considerare anche il rischio di contaminazione durante la preparazione degli alimenti. Anche alcuni alimenti “tipici” della dieta vegana, come il seitan, sono banditi.
Come sapere se un alimento contiene glutine?
Oltre a chiedere un consulto ad un medico o a un professionista della nutrizione, ad oggi è relativamente semplice capire se un alimento contiene glutine, ed è dunque “sicuro” da mangiare qualora si sia affetti da celiachia o meno.
La legge Reg. UE 828/2014 permette alle aziende di indicare con la dicitura “senza glutine” in etichetta se un cibo è sicuro per l’alimentazione delle persone con celiachia. Tuttavia, sebbene l’utilizzo sia incoraggiato, è su base volontaria. Un’azienda potrebbe dunque decidere di non inserire la dicitura, anche se l’alimento è “sicuro”.
Di converso, se l’etichetta non riporta né la dicitura “senza glutine”, né ingredienti contenenti glutine, non si può essere certi che l’alimento sia sicuro per le persone celiache. Di norma, e in caso di dubbio il consiglio è di evitare tali prodotti o di consultare uno specialista della nutrizione.
Per la vita di tutti i giorni, l’Associazione Italiana Celiachia ha messo a disposizione una tabella per celiaci contenente gli alimenti generalmente permessi, gli alimenti da considerarsi “a rischio”, e gli alimenti da evitare.
Celiachia nei bambini: cosa considerare
La celiachia può manifestarsi anche nei bambini, in qualunque momento in seguito all’introduzione di alimenti contenenti glutine nella dieta.
Per via della predisposizione genetica, è necessario sottoporre i piccoli ad un test qualora ci sia familiarità con la malattia, ai primi segni di dubbio. È importante ricordare che, ad oggi, la biopsia duodenale per la diagnosi di celiachia nei bambini non è più richiesta, se non in casi specifici.
Tuttavia, la diagnosi di celiachia nei bambini non è sempre semplice. Difatti, la sintomatologia è varia, e in alcuni bambini può essere estremamente lieve, e dunque confusi con sintomi tipici di altri disturbi, come il reflusso. In altri, invece, la sintomatologia si presenta in forma più grave, con ridotta statura, denutrizione o perdita di peso, crampi o vomito anche molto forti. Nei ragazzi più grandi, è possibile osservare un ritardo nello sviluppo puberale.
Per questo motivo, una diagnosi quanto più possibile precoce è fondamentale.
Si rileva che, a seguito di una dieta senza glutine adeguata, la maggior parte dei bambini e dei ragazzi risponde piuttosto bene, con la scomparsa dei sintomi che avviene generalmente entro poche settimane o mesi.
Fonti:
- Fasano, A., & Catassi, C. (2012). Celiac disease. New England Journal of Medicine, 367(25), 2419–2426. https://doi.org/10.1056/nejmcp1113994
- Green, P. H., Lebwohl, B., & Greywoode, R. (2015). Celiac disease. Journal of Allergy and Clinical Immunology, 135(5), 1099–1106. https://doi.org/10.1016/j.jaci.2015.01.044
- Holtmeier, W., & Caspary, W. F. (2006). Celiac disease. Orphanet Journal of Rare Diseases, 1(1). https://doi.org/10.1186/1750-1172-1-3
- Lauret, E., & Rodrigo, L. (2013). Celiac disease and Autoimmune-Associated Conditions. BioMed Research International, 2013, 1–17. https://doi.org/10.1155/2013/127589
- Serena, G., Leonard, M. M., Camhi, S., Huedo-Medina, T. B., & Fasano, A. (2016). [Design of a genomic, environmental, microbial and metabolomic study on celiac disease: an approach to the future of personalized prevention of celiac disease]. PubMed, 107(6), 320–327. https://doi.org/10.1701/2296.24694
- Sahin, Y. (2021). Celiac disease in children: A review of the literature. World Journal of Clinical Pediatrics, 10(4), 53–71. https://doi.org/10.5409/wjcp.v10.i4.53
Articolista e copywriter con oltre dieci anni di esperienza. Appassionata riguardo il settore della nutrizione.