Il rapporto con il cibo è un argomento caldo e molto studiato in psicologia. In questo articolo vediamo quali sono i segnali e, eventualmente, come migliorarlo.
Cosa significa avere un buon rapporto con il cibo?
Avere un buon rapporto con il cibo va oltre la “sola” nutrizione. È, piuttosto, creare una relazione consapevole e positiva con quello che mangiamo. L’alimentazione ha infatti un’influenza non solo sulla nostra salute fisica, ma anche sulla nostra salute mentale. Mangiare ci serve per sopravvivere a livello biologico, certo, ma ci aiuta anche a stare bene.
È, e deve essere, legato anche a momenti piacevoli, o addirittura conviviali.
Avere un buon rapporto, o comunque un rapporto sano con il cibo e l’alimentazione significa essere in grado di comprendere i segnali di fame o di sazietà che il nostro corpo ci invia, ed essere in grado di ascoltarli.
Significa seguire una dieta bilanciata, mangiando un po’ di tutto senza seguire diete rigide e sbilanciate.
Significa, infine, riuscire a concepire il momento dei pasti come momento di piacere o di convivialità, riuscendo a concedersi qualche “sgarro” ogni tanto, come una pizza o un dolcetto, senza che questo incida sul proprio umore o sulla propria autostima.
L’importanza di comprendere i segnali
Riuscire a comprendere i segnali di un rapporto sano, o, al contrario, disfunzionale con il cibo, è fondamentale per essere in grado di correre ai ripari e chiedere aiuto ad un professionista se necessario. Un rapporto poco sano con l’alimentazione potrebbe, infatti, essere la porta di ingresso per sviluppare un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA).
Ma non solo.
Anche se non si dovesse arrivare a sviluppare un DCA, un cattivo rapporto con il cibo provoca malessere e ansia, in un contesto che, abbiamo visto, dovrebbe essere di soddisfazione e piacere.
Rapporto con il cibo e aiuto professionale: a chi rivolgersi?
Il rapporto con il cibo è un argomento ampiamente trattato in psicologia e in nutrizione. Cogliere i segnali può non essere sempre facile, e in molti casi potrebbe essere opportuno chiedere aiuto ad un professionista.
Non solo uno psicologo, ma anche un nutrizionista potrebbe essere una scelta adatta. Quest’ultimo può infatti anzitutto effettuare dei test per valutare il rapporto con il cibo del paziente. Poi, può aiutare a sviluppare un migliore rapporto con l’alimentazione, proponendo un piano alimentare personalizzato e seguendo il paziente nella sua attuazione, sostenendolo in caso di dubbi, difficoltà o perplessità.
Quali sono i segnali di un rapporto sano con il cibo?
Ci sono alcuni segnali che indicano la presenza di un rapporto sano con il cibo.
- Seguire una dieta varia e flessibile. Chi ha un buon rapporto con l’alimentazione non si sente costretto a seguire diete rigide o, addirittura, ad eliminare del tutto determinati alimenti o nutrienti dalla propria dieta – spesso è il caso dei tanto demonizzati carboidrati, Al contrario, è in grado di gustare e godersi tutti i nutrienti di una dieta bilanciata;
- Assenza di sensi di colpa. Chi ha una connessione positiva con il cibo riesce ad assumere con moderazione e godersi anche i cibi meno “salutari”, come una pizza, un dolce o uno snack ogni tanto, senza soffrire di sensi di colpa. E, soprattutto, senza attuare comportamenti compensatori, prima e dopo;
- Presenza di una routine alimentare equilibrata. Chi vive una buona connessione con il cibo riesce a seguire – per quanto possibile dallo stile di vita – una routine regolare con i pasti. Questo significa non saltare i pasti, non mangiare in maniera disordinata, ed effettuare regolarmente e più o meno sempre agli stessi orari sia i tre pasti principali, sia gli spuntini. Avere una routine regolare aiuta a tenere sotto controllo il senso di fame, che talvolta ci porta ad essere più impulsivi e ad adottare scelte poco salutari;
- Adottare un’alimentazione consapevole;
- Riuscire ad ascoltare il proprio corpo e i suoi segnali. Chi ha un buon rapporto col cibo riesce a capire quando ha effettivamente fame e quando, invece, si sente sazio. Riesce quindi a rispondere adeguatamente ai suoi bisogni, mangiando intuitivamente quando ha bisogno di mangiare, e fermandosi quando non è più necessario;
- Vivere l’alimentazione, nel suo complesso, come un’esperienza positiva. Mangiare deve essere un’esperienza positiva. Non solo nella convivialità, ma anche nel cucinare o, semplicemente, nello stare seduti a tavola. L’alimentazione non dovrebbe essere fonte di stress o preoccupazione, e se queste emozioni dovessero essere associate al cibo e/o al momento dei pasti, potrebbe essere indice che qualcosa non vada.
Quali sono i segnali di un rapporto disfunzionale con il cibo?
Ci sono poi alcuni segnali che possono indicare un rapporto negativo o disfunzionale con il cibo.
- Eccessiva attenzione nei confronti delle calorie. Ciò significa monitorare, o provare a monitorare, ogni cosa che si mangia, tentando di tenere un “conteggio” delle calorie assunte. Questo comportamento può inoltre manifestarsi con un uso eccessivo di app per il conteggio delle calorie, appunto, oppure con la pesatura precisa e quasi ossessiva di tutti gli alimenti;
- Paura di ingrassare e comportamenti compensatori. Un’eccessiva e costante paura di mettere su peso può portare a dei comportamenti compensatori, ad esempio dopo aver “sgarrato” (o si percepisce di aver commesso uno sgarro) alla dieta. Questo può significare mangiare meno o saltare i pasti dopo un pasto un po’ più abbondante del solito, o addirittura ricorrere a vomito o lassativi;
- Evitamento di alcuni alimenti o categorie di alimenti. In caso di un rapporto negativo con il cibo è possibile sviluppare ansia o avversione verso certi alimenti o categorie di alimenti, evitando di mangiarli o effettuando, in seguito, comportamenti compensatori;
- Visione distorta della propria fisicità e del proprio corpo.
- Pasti disordinati, compresi episodi di attacchi di fame, abbuffate o di digiuno;
- Emozioni negative legate al cibo e ai pasti. Ansia, vergogna, sensi di colpa legati al cibo, sono tutti campanelli d’allarme della presenza di un rapporto disfunzionale, che andrebbe indagato con il supporto di un professionista.
Come migliorare il proprio rapporto con il cibo?
Migliorare il proprio rapporto con il cibo è comunque possibile, sia adottando alcuni comportamenti virtuosi, sia chiedendo il supporto di uno psicologo e/o di un professionista dell’alimentazione.
Vediamo quindi quali approcci e comportamenti è possibile seguire.
Praticare il mindful eating: come funziona?
Il primo approccio per migliorare la propria relazione con il cibo è: praticare il cosiddetto mindful eating.
È un approccio all’alimentazione che incoraggia una presenza consapevole e non giudicante durante i pasti. La chiave è essere in grado di riconoscere tutte le sensazioni, i pensieri e le emozioni legate al cibo.
La mindfulness ci ricorda che dobbiamo essere presenti “nel momento”, senza distrazioni e coinvolgendo tutti i nostri sensi in ciò che stiamo facendo – in questo caso: mangiare. Dunque, dobbiamo concentrarci solo ed esclusivamente sul pasto, evitando di spostare la nostra attenzione, ad esempio, sulla televisione o sullo smartphone.
I benefici del mindful eating
Il mindful eating ci “costringe” a gustare consapevolmente il nostro cibo, e a costruire una relazione equilibrata con il momento dei pasti.
Focalizzandosi sulle sensazioni fisiche, ci aiuta a distinguere tra fame fisica e fame emotiva, portandoci a capire se e quando mangiamo non tanto per bisogno, quanto per stress o per noia.
Ci Spinge, inoltre, a ritagliarci del tempo per mangiare lentamente e assaporare ciò che abbiamo nel piatto. Questo ci aiuta non solo a godere del sapore del cibo, ma anche ad imparare a riconoscere il senso di sazietà.
Altri 10 consigli per avere un rapporto sano con il cibo
Altri consigli per migliorare il proprio rapporto con il cibo comprendono:
- Chiedere aiuto ad un professionista. È probabilmente una delle scelte più sagge. Un professionista come uno psicologo, oppure un biologo nutrizionista, è formato anche per essere in grado di gestire i pazienti con un rapporto poco equilibrato con il cibo, in grado di riconoscere i segnali e di fornire un supporto specifico e personalizzato;
- Eliminare etichette e preconcetti. Non esistono cibi “buoni” o cibi “cattivi”. Esistono, piuttosto, alimenti che è necessario consumare con moderazione rispetto ad altri;
- Variare la propria alimentazione. Adottare un’alimentazione varia, magari provando dei nuovi alimenti, o addirittura nuovi tipi di cucinare, è fondamentale. Il rapporto con il cibo può essere anche composto da curiosità e senso di scoperta verso nuovi alimenti e nuovi sapori;
- Riconoscere le emozioni legate al cibo. È legato alla mindfulness: in questo modo si riesce a valutare quale sia il proprio effettivo rapporto con l’alimentazione, è cruciale per iniziare a migliorarlo;
- Praticare la body positivity. La body positivity è un approccio che promuove l’accettazione del proprio corpo, mettendo in discussione gli standard (irraggiungibili) di bellezza imposti da cultura popolare e media. Ogni corpo, insomma, è bello così com’è;
- Cucinare i propri pasti. Imparare a cucinare i propri pasti può migliorare il proprio legame con il cibo, e a sviluppare consapevolezza di ciò che abbiamo nel piatto;
- Seguire una routine alimentare. Mangiare più o meno alla stessa ora ogni giorno, ed effettuare pasti regolari, aiuta a tenere sotto controllo il senso di fame e a farci sentire meglio il senso di sazietà;
- Ascoltare il proprio corpo. Occorre imparare ad ascoltare i segnali che il nostro corpo ci invia. Ad esempio: abbiamo davvero fame, oppure desideriamo mangiare per stress o per noia?
- Concedersi dei piccoli sfizi. Un rapporto positivo con l’alimentazione passa anche per dei piccoli “sfizi”. Come dicevamo, non esistono cibi buoni o cibi cattivi, esistono soli cibi che occorre mangiare con più moderazione rispetto ad altri. Mangiare una pizza, un dolcetto, una frittura ogni tanto soddisfa il palato e la mente, e non deve essere motivo di vergogna, anzi;
- Usare delle affermazioni positive. Impariamo ad essere gentili con noi stessi, usando delle affermazioni positive riguardo il cibo e modificando il nostro dialogo interiore. Invece di pensare, ad esempio. “non posso mangiare questo alimento”, proviamo a dirci “mi concedo il permesso di gustare il cibo senza sensi di colpa”.
Fonti:
- Devonport, T. J., Nicholls, W., & Fullerton, C. (2017). A systematic review of the association between emotions and eating behaviour in normal and overweight adult populations. Journal of Health Psychology, 24(1), 3–24. https://doi.org/10.1177/1359105317697813
- Leyva, R. P. P., & Hill, S. E. (2018). Unpredictability, body awareness, and eating in the absence of hunger: A cognitive schemas approach. Health Psychology, 37(7), 691–699. https://doi.org/10.1037/hea0000634
Articolista e copywriter con oltre dieci anni di esperienza. Appassionata riguardo il settore della nutrizione.