Impedenziometria esofagea o Ph-impedenziometria: cos'è e a cosa serve
L'impedenziometria esofagea è un esame per misurare la quantità di acido presente nello stomaco e nell’esofago.

Punti chiave:
- Cos'è la ph-impedenziometria: la pH-impedenziometria esofagea è un esame diagnostico che misura la quantità e la composizione del materiale che risale dallo stomaco all'esofago. È la tecnica più precisa per identificare il reflusso gastroesofageo, sia esso acido, non acido o gassoso.
- A cosa serve l'impedenziometria esofagea: serve a diagnosticare il reflusso gastroesofageo e a correlare i sintomi atipici (come tosse cronica o laringite) con gli episodi di risalita. È cruciale quando i pazienti non migliorano con i farmaci antiacido o prima di interventi di chirurgia anti-reflusso.
- Interpretazione dei risultati dell'impedenziometria: il medico analizza il Tempo Totale di Esposizione Acida (AET > 4-6% è diagnostico) e la frequenza del reflusso acido, debolmente acido o non acido. Valuta inoltre l'Indice di Associazione Sintomi (SAP) per stabilire se il reflusso è la causa dei disturbi riportati dal paziente.
Cos'è la ph-Impedenziometria o impedenziometria esofagea
L'impedenziometria esofagea, anche chiamata ph-impedenziometria, è un esame che consente di misurare la quantità di acido presente nello stomaco e nell’esofago. Si utilizza solitamente per valutare la presenza di reflusso gastroesofageo acido, non acido oppure gassoso.
Il reflusso gastroesofageo è un fenomeno che può presentarsi occasionalmente o in maniera frequente, e che consiste nella “risalita” del contenuto dello stomaco attraverso l’esofago, in maniera anomala. Quando frequente, il reflusso può causare problemi che occorre trattare, tra cui:
- Acidità;
- Tosse;
- Mal di gola frequenti;
- Dolore o bruciore di stomaco;
- Difficoltà di digestione.
La ph-impedenziometria aiuta non solo a diagnosticare il reflusso, ma anche a individuare la terapia più adatta per trattarlo. Ad oggi la ph-impedeziometria esofagea è considerata la tecnica più affidabile e precisa per individuare il reflusso gastroesofageo, la durata, la composizione e la natura del reflusso stesso.
Può essere prescritta insieme ad altri esami per escludere altre patologie, come ad esempio l'esofagite.
Cosa misura la Ph-impedenziometria: a cosa serve?
Come accennato, l’impedenziometria esofagea misura diverse caratteristiche del reflusso gastroesofageo. In particolare, misura:
- La presenza di acidità;
- La durata degli episodi nell’arco di circa 24 ore;
- L’estensione del reflusso, ovvero “quanto in alto” il materiale, solido o gassoso che sia, riesce a risalire all’interno dell’esofago.
L’obiettivo è anche valutare se vi possa essere una correlazione tra i sintomi riportati dal paziente - come tosse o mal di gola frequenti - e la presenza di reflusso, per poter valutare quali sono le terapie più adatte per procedere al trattamento.
Lesame, in particolare, risulta cruciale per la valutazione dei sintomi atipici o extra-esofagei, come la tosse cronica refrattaria, la laringite da reflusso, l'asma scarsamente controllata e il dolore toracico non cardiaco, in particolare quando i pazienti non rispondono adeguatamente a una prova terapeutica con inibitori di pompa protonica (PPI).
In questi scenari, la pH-impedenziometria aiuta a identificare la presenza di reflusso non acido o debolmente acido, che non verrebbe rilevato dalla sola pH-metria, e a correlarlo ai sintomi.
Inoltre, l'esame è essenziale nella valutazione pre-operatoria prima di un intervento di chirurgia anti-reflusso (come la fundoplicatio), per confermare oggettivamente la MRGE e predire il potenziale successo dell'intervento.
Come si esegue l’impedenziometria
L’impedenziometria è un esame non pericoloso, poco invasivo e che può risultare solo vagamente fastidioso.
Come si esegue l’impedenziometria? Si utilizza un sondino che, attraverso una narice del soggetto, viene fatto scendere fino all’esofago. Tale manovra dura solitamente pochi minuti, ed è generalmente ben tollerata. Il sondino viene quindi “fissato” ad una guancia con un cerotto, per evitare si muova e possa dare fastidio, e collegato a un registratore che raccoglie i dati per 24 ore.
Durante questo lasso di tempo il soggetto può svolgere normalmente le proprie attività quotidiane, e deve avere cura di registrare gli orari dei pasti, la presenza di eventuali sintomi e i periodi di tempo che trascorre in posizione sdraiata.
Occorre poi recarsi nuovamente dal medico, al termine delle 24 ore, per la rimozione del sondino.
Analisi e interpretazione dei risultati: la diagnosi di reflusso gastroesofageo
I risultati possono essere letti e interpretati da un medico, che provvederà a sciogliere qualunque dubbio del soggetto.
L'impedenziometria è in grado di identificare se il reflusso è:
- acido, con pH dell'esofago inferiore a 4;
- debolmente acido, con pH dell'esofago compreso tra 4 e 7;
- non acido, con pH dell'esofago maggiore di 7.
Per fare una diagnosi, il medico si concentra sull'analisi di parametri quantitativi e qualitativi registrati nell'arco delle 24 ore.
Il parametro chiave per il reflusso acido è il Tempo Totale di Esposizione Acida (AET), ovvero la percentuale di tempo in cui il pH esofageo scende al di sotto di 4. Un valore AET superiore a 4−6% è generalmente diagnostico di Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE).
Per i reflussi non acidi o gassosi, invece, il focus si sposta sulla frequenza degli episodi di reflusso e sulla loro correlazione con i sintomi. A tal fine, vengono calcolati l'Indice di Associazione Sintomi (SAP) o l'Indice di Probabilità Sintomi (SPI) che determinano la probabilità che un sintomo specifico sia effettivamente causato da un episodio di reflusso rilevato dal sondino.
Una diagnosi completa si basa quindi sulla combinazione di un'eccessiva esposizione al reflusso (acido o non acido) e sulla dimostrazione che tale reflusso è la causa dei sintomi riportati dal paziente.
Cosa fare dopo la diagnosi?
In caso di diagnosi positiva di Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE), il piano terapeutico viene definito in base alla natura del reflusso (acido, debolmente acido o non acido) e alla gravità dei sintomi.
Se il reflusso è prevalentemente acido, il trattamento standard prevede l'ottimizzazione o la prescrizione degli Inibitori di Pompa Protonica (PPI), spesso in combinazione con modifiche dello stile di vita, come l'elevazione della testata del letto, la perdita di peso e l'evitamento di cibi scatenanti e di pasti serali abbondanti.
Se l'esame rivela un reflusso non acido si possono considerare farmaci che agiscono sulla motilità esofagea o che agiscono sulla percezione del dolore, poiché i PPI risultano inefficaci in questi casi.
Infine, in presenza di un reflusso grave e refrattario alle terapie mediche si può valutare l'opzione chirurgica con la fundoplicatio, una procedura volta a ripristinare la valvola esofagea inferiore e prevenire meccanicamente la risalita del contenuto gastrico.
L'efficacia a lungo termine di qualsiasi terapia farmacologica o chirurgica è legata anche al ruolo fondamentale della nutrizione e dell'alimentazione per la prevenzione e la riduzione dei sintomi di reflusso.
La corretta gestione della Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE) richiede un approccio nutrizionale personalizzato e basato sull'evidenza. I risultati della ph-impedenziometria permettono a un nutrizionista di definire con precisione la natura del reflusso e di elaborare una strategia dietetica mirata, andando oltre le semplici indicazioni generiche. Rivolgersi a un esperto di nutriszione si rivela perciò fondamentale.
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Preparazione alla Ph-impedenziometria
Occorre tenere presente alcune informazioni prima di effettuare una impedenziometria, per assicurarsi della sua buona riuscita. In particolare:
- Il paziente deve essere a digiuno da almeno 6 ore prima dell’inserimento del sondino;
- È buona norma che il paziente non utilizzi trucchi o creme sul viso, i quali potrebbero rendere difficile il “fissaggio” della sonda sulla guancia;
- Qualora il paziente assuma farmaci come inibitori della pompa protonica, o antagonisti dei recettori H2 dell’istamina, deve farlo presente al medico prima di fissare l’esame, poiché normalmente tali medicinali vanno sospesi per circa 15-20 giorni prima dell’impedenziometria. Tali indicazioni, comunque, verranno fornite dal medico responsabile dell’esame;
- Stesso discorso qualora il paziente assuma antiacidi o farmaci che interagiscono con la motilità del sistema gastroenterico, che solitamente vanno sospesi per almeno 24 ore prima dell’esame.
Ancora una volta ricordiamo che l’esame impedenzometrico è minimamente invasivo e generalmente ben tollerato anche dai bambini Tuttavia, si potrebbe provare un leggero fastidio durante la fase di inserimento del sondino, e si potrebbe presentare un leggero sanguinamento dal naso. Si tratta di eventualità normali, che non devono allarmare.
In caso di dubbio o di preoccupazione è possibile rivolgersi al medico, che fornirà tutte le informazioni riguardo come si svolge l’impedenziometria e scioglierà eventuali perplessità da parte del paziente.
Dove fare l'impedenziometria esofagea?
Dove fare l’impedenziometria dipende dai bisogni del paziente. La ph-impedenziometria può infatti essere svolta, tendenzialmente, negli ambulatori delle ASL o degli ospedali, di solito presso i reparti di Endoscopia Digestiva, oppure presso cliniche private.
Il consiglio è di rivolgersi al proprio medico curante, se possibile, il quale potrà consigliare eventuali cliniche o ambulatori presso i quali effettuare l’esame.
Quanto costa la Ph-impedenziometria?
Quanto costa una impedenziometria dipende da svariati fattori: dove si decide di effettuarla, la regione o la città in cui viene effettuata e così via. Il costo medio si aggira sui 150 euro circa, ma può salire fino a 210 - 220 euro.
Controindicazioni della Ph-impedenziometria
L'impedenziometria esofagea è un esame sicuro, non pericoloso ma soltanto fastidioso, che però può comunque avere alcune lievi complicazioni o effetti collaterali che un paziente dovrebbe conoscere, come ad esempio:
- sensazione di svenimento;
- irritazione delle mucose o sinusite;
- in casi estremamente rari, perforazione.
Sebbene si tratti di un esame generalmente sicuro, alcune condizioni possono renderlo rischioso o impossibile da eseguire, come:
- gravi disturbi della coagulazione;
- anomalie anatomiche o ostruzioni esofagee/nasali (es. stenosi esofagea, varici esofagee di grosso calibro, gravi deviazioni del setto nasale);
- pazienti non collaboranti o con gravi alterazioni dello stato di coscienza.
Fonti:
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