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Sindrome sgombroide: cos’è e come riconoscerla

La sindrome sgombroide è un’intossicazione alimentare causata dall’ingestione di pesce mal conservato, ricco di istamina. I sintomi, simili a una reazione allergica, includono rossore, prurito e crampi addominali. Sebbene generalmente lieve, nei casi più gravi può richiedere un intervento medico tempestivo.

La sindrome sgombroide è un’intossicazione alimentare causata dall’ingestione di pesce mal conservato, ricco di istamina. I sintomi, simili a una reazione allergica, includono rossore, prurito e crampi addominali. Sebbene generalmente lieve, nei casi più gravi può richiedere un intervento medico tempestivo.

Cos’è la sindrome sgombroide?

La sindrome sgombroide è una intossicazione alimentare causata dall’ingestione di una sostanza chiamata istamina, presente all’interno di alcuni pesci se non correttamente conservati.

Le cause

La sindrome sgombroide avviene dopo aver mangiato del pesce non conservato in maniera corretta. In alcuni tipi di prodotti ittici, infatti – tonno, sgombro, sardine, sarde e acciughe in particolare – è presente un particolare amminoacido, l’istidina. Quest’ultima, se il pesce non viene conservato correttamente, tende a decomporsi e a formare l’istamina, che causa la comparsa dei sintomi.

Si tratta della stessa sostanza, presente all’interno del nostro organismo, “responsabile” delle reazioni allergiche.

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I sintomi

I sintomi della sindrome sgombroide sono caratteristici, e somigliano alla sintomatologia che si presenta durante una reazione allergica. In particolare:

  • Bruciore della bocca, della lingua e/o delle labbra;
  • Rossore degli occhi;
  • Mal di testa;
  • Rossore e/o gonfiore della pelle;
  • Prurito;
  • Malessere o nausea;
  • Crampi addominali;
  • Diarrea.

In casi più gravi – e meno frequenti – possono presentarsi:

  • Difficoltà respiratorie;
  • Palpitazioni;
  • Abbassamento repentino della pressione sanguigna.

In questi casi è fondamentale contattare tempestivamente un medico.

Quali sono i pesci che causano la sindrome sgombroide?

La sindrome sgombroide può essere causata dal consumo di tutti i pesci cosiddetti a lisca, ma più in particolare da quelli che appartengono alla famiglia degli sgombridi – da cui il nome del disturbo.

Tra questi:

  • Il tonno;
  • La sardina;
  • Lo sgombro;
  • L’acciuga.

In caso di dubbi in merito alla presenza o meno di questi alimenti nel proprio regime alimentare è possibile chiedere consiglio ad un nutrizionista, come i professionisti messi a disposizione da Serenis.

sindrome sgombroide

In quanto tempo compaiono i sintomi della sindrome sgombroide?

I sintomi della sindrome sgombroide possono comparire da pochi minuti fino a circa due ore dopo l’ingestione dell’alimento contaminato.
Tuttavia nella maggior parte dei casi la comparsa è piuttosto rapida.

Come riconoscere la sindrome sgombroide?

Riconoscere la sindrome sgombroide è piuttosto semplice, poiché i sintomi sono piuttosto specifici e compaiono in concomitanza, o comunque a poca distanza dal consumo di determinati tipi di pesce, contaminato dalla sostanza.

Dopo quanto tempo passa?

I sintomi della sindrome sgombroide tendono a durare alcune ore. Tuttavia, nei casi più gravi possono persistere anche fino a 48 ore.

Conseguenze e possibili complicazioni

Nella maggior parte dei casi la sindrome sgombroide tende a passare senza conseguenze. Tuttavia, nei casi più gravi può causare difficoltà respiratorie anche gravi, tachicardia, abbassamento repentino della pressione arteriosa. In casi rari può causare la morte.

Se i sintomi sono particolarmente forti o sono presenti patologie preesistenti, è fondamentale rivolgersi tempestivamente ad un medico.

La cura e trattamento

Generalmente la sindrome sgombroide non è una patologia alimentare grave e non richiede cure particolari: i sintomi, sebbene molto fastidiosi e talvolta dolorosi, tendono a regredire spontaneamente nel giro di poche ore.

In alcuni casi il medico potrà prescrivere l’uso di antistaminici per alleviare i sintomi, mentre nei casi più gravi potranno essere necessarie terapie più specifiche.

Come prevenirla?

Per prevenire la sindrome sgombroide occorre affidarsi anzitutto al buonsenso. Difatti, la formazione di istamina all’interno del pesce dipende soprattutto dalla corretta temperatura alla quale il pesce viene conservato, dalla cattura al consumo.

In particolare:

  • Evitare di consumare pesce che abbia un aspetto deteriorato o un odore sgradevole;
  • Evitare di consumare del pesce dal sapore strano, soprattutto se si percepisce un leggero pizzicore alla bocca;
  • Assicurarsi, per quanto possibile, che la catena del freddo sia stata correttamente rispettata;
  • Consumare solo pesce proveniente da fornitori affidabili;
  • Scongelare il pesce in maniera corretta, evitando di lasciarlo scongelare a temperatura ambiente ma, piuttosto, in frigorifero;
  • Tentare per quanto possibile di evitare contaminazioni incrociate, pulendo con cura gli strumenti e lavandosi le mani mentre si cucina il pesce.

Cuocere il pesce lo rende “sicuro”?

No, purtroppo cuocere il pesce non previene la sindrome sgombroide, in quanto le istamine sono resistenti al calore.

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Fonti:

  • Eyer-Silva, W. A., Paola, V., & Nascimento, L. (2022). Scombroid Fish Poisoning. American Journal of Tropical Medicine and Hygiene, 106(5), 1300–1300. https://doi.org/10.4269/ajtmh.21-1345
  • Mercogliano, R., & Santonicola, S. (2019). Scombroid fish poisoning: Factors influencing the production of histamine in tuna supply chain. A review. LWT, 114, 108374–108374. https://doi.org/10.1016/j.lwt.2019.108374
  • Zhernov, Y. V., Simanduyev, M. Y., Zaostrovtseva, O. K., Semeniako, E. E., Kolykhalova, K. I., Fadeeva, I. A., Kashutina, M. I., Vysochanskaya, S. O., Belova, E. V., Shcherbakov, D. V., Sukhov, V. A., Sidorova, E. A., & Mitrokhin, O. V. (2023). Molecular Mechanisms of Scombroid Food Poisoning. International Journal of Molecular Sciences, 24(1), 809–809. https://doi.org/10.3390/ijms24010809
  • Chung, S. P. (2019). Scombroid Fish Poisoning and Histamine Food Poisoning. Journal of the Korean Society of Clinical Toxicology, 17(1), 1–6. https://doi.org/10.22537/jksct.17.1.1