Anemia falciforme: sintomi, cause e cura
L’anemia falciforme è una malattia ereditaria del sangue causata da una mutazione genetica che altera la forma dei globuli rossi, dandogli la tipica forma a falce.

L’anemia falciforme è una malattia genetica ereditaria che colpisce i globuli rossi, deformandoli con una tipica forma a “falce” e rendendoli rigidi. Questa alterazione ne ostacola il passaggio nei vasi sanguigni, riducendo l’ossigenazione dei tessuti e provocando sintomi come anemia, dolore e affaticamento.
Cos'è l'anemia falciforme o anemia drepanocitica?
L’anemia falciforme, anche detta anemia drepanocitica, è una malattia genetica ereditaria del sangue causata da una mutazione del gene che regola la produzione dell’emoglobina, ovvero la proteina che trasporta l’ossigeno dai polmoni ai tessuti.
Questa alterazione causa la modificazione della forma dei globuli rossi, che si presentano con un tipico profilo a falce o a mezzaluna.
Non va confusa con altre tipologie di anemia, come:
Diffusione dell’anemia falciforme: dove è più comune?
Si stima che l’anemia falciforme sia diffusa soprattutto tra le popolazioni di origine africana, mediterranea, mediorientale, asiatica e caraibica.
In Italia, la malattia è storicamente presente maggiormente nelle regioni del Sud, in particolare Sicilia e Calabria, dove il numero di portatori può variare tra il 2% e il 13%. Ad oggi, comunque, l’anemia falciforme è monitorata in tutto il territorio nazionale attraverso degli appositi programmi di screening.
Quali sono le cause dell’anemia falciforme?
L’anemia falciforme è causata da una mutazione genetica che interessa il gene responsabile della produzione dell’emoglobina.
La forma anomala dell’emoglobina, chiamata emoglobina S, fa sì che i globuli rossi perdano la loro tipica flessibilità, diventino rigide e “appiccicose” e assumano una forma allungata, simile appunto ad una falce. Le cellule così deformate tendono a unirsi tra loro e a bloccare il flusso sanguigno nei capillari, provocando dolore e riducendo l’apporto di ossigeno agli organi.
Come si trasmette l’anemia falciforme?
La trasmissione della malattia segue un meccanismo cosiddetto autosomico recessivo. Ovvero, per svilupparla è necessario ereditare due copie del gene difettoso, una da ciascun genitore.
Se invece solo uno dei due genitori è portatore, il figlio riceve una sola copia del gene e diventa portatore sano del cosiddetto tratto falciforme.
Questa condizione non causa sintomi, ma può essere trasmessa ai propri discendenti.
Quanto è il rischio di trasmettere la mutazione dell’anemia falciforme?
Quando entrambi i genitori sono portatori del gene “difettoso”, ogni gravidanza comporta:
- Una probabilità del 25% che il bambino nasca con anemia falciforme;
- Una probabilità del 50% che sia portatore sano;
- Una probabilità del 25% che sia completamente sano.
Ci si può “ammalare” di anemia falciforme nel corso della vita?
No. La mutazione che causa l’anemia falciforme non può essere acquisita nel corso della vita, né è legata in alcun modo a fattori ambientali o comportamentali.
Si tratta di un’anomalia genetica trasmissibile e diagnosticabile attraverso degli appositi test del DNA o con l’elettroforesi dell’emoglobina.
Come si manifesta l’anemia falciforme? Principali sintomi
I sintomi dell’anemia falciforme compaiono di solito dopo i primi mesi di vita.
Il sintomo più comune è l’anemia cronica, dovuta alla distruzione precoce dei globuli rossi falciformi, che vivono molto meno tempo rispetto ai globuli rossi “sani”.
Questo comporta tutta una serie di sintomi tra cui:
- Stanchezza persistente;
- Pallore;
- Fiato corto;
- Mal di testa;
- Tachicardia;
- Ittero;
- Ritardo della crescita;
- Problemi alla vista;
- Maggiore vulnerabilità alle infezioni.
Un altro sintomo caratteristico sono le tipiche crisi dolorose, anche dette crisi vaso-occlusive. Si tratta di episodi dolorosi acuti dovuti al blocco del flusso sanguigno.
In particolare, nei bambini uno dei primi segni della malattia sono mani e piedi che appaiono gonfi e dolenti.

Quali sono le possibili complicanze dell’anemia falciforme: cosa comporta?
Le complicanze dell’anemia falciforme sono causate dal danneggiamento cronico di organi e tessuti causato dalla scarsa ossigenazione e dalle ostruzioni dei vasi sanguigni.
Una delle più gravi è la cosiddetta sindrome toracica acuta, che si manifesta con febbre, dolore al petto, tosse e difficoltà respiratorie, dovuta al blocco dei capillari nei polmoni o a infezioni. È molto pericolosa, e richiede attenzione medica immediata.
Vi è poi la crisi da sequestro splenico, più comune nei bambini. Si tratta di una condizione in cui grandi quantità di globuli rossi rimangono “intrappolate” all’interno della milza, provocandone un rapido ingrossamento e un peggioramento dell’anemia. Più raro è invece il cosiddetto sequestro epatico, ovvero un accumulo di globuli rossi nel fegato.
Con il tempo, la milza può perdere completamente la sua funzione, rendendo l’organismo più esposto a infezioni gravi.
Inoltre, altre possibili complicazioni causate dall’anemia falciforme possono comprendere:
- Calcoli biliari;
- Ulcere cutanee;
- Priapismo;
- Ictus e danni neurologici;
- Insufficienza renale;
- Problemi cardiaci;
- Sindrome toracica acuta ricorrente;
- Ipertensione polmonare.
Le complicanze tendono a peggiorare con l’età. Tuttavia, una diagnosi precoce e un monitoraggio costante della malattia possono ridurre il rischio che si verifichino. Inoltre, le moderne terapie hanno allungato molto l’aspettativa di vita delle persone con anemia falciforme.
La diagnosi dell’anemia falciforme: quali esami fare?
La diagnosi di anemia falciforme si effettua attraverso una serie di esami del sangue che permettono di identificare la presenza di emoglobina anomala.
In genere, il primo passo è l’osservazione del sangue al microscopio. I globuli rossi a forma di falce e i loro frammenti sono infatti già visibili già in un semplice campione. Tuttavia, l’esame per l’anemia falciforme “definitivo” è l’elettroforesi dell’emoglobina. Si tratta di una tecnica che utilizza la corrente elettrica per separare i diversi tipi di emoglobina e individuare quella anomala.
L’analisi del sangue può, comunque, essere eseguita in qualsiasi momento della vita, sia per verificare la presenza della malattia sia per scoprire se si è portatori del tratto falciforme. In molte zone si effettuano degli screening appositi, ad esempio in bambini in età scolare.
Durante la gravidanza, e anche in caso di anemia in gravidanza, le coppie a rischio possono ricorrere a una serie di test prenatali come l’amniocentesi o la villocentesi, che consentono di analizzare le cellule fetali e stabilire se il bambino avrà anemia falciforme o sarà portatore sano.
La cura e il trattamento dell’anemia falciforme
Purtroppo non esiste una cura definitiva per l’anemia falciforme, e il trattamento ha come obiettivi principali:
- La prevenzione delle crisi dolorose;
- Il controllo della malattia;
- La gestione e, per quanto possibile, la prevenzione delle complicanze.
Oltre alle terapie con i farmaci, nei casi di anemia grave possono essere necessarie trasfusioni di sangue per aumentare i livelli di emoglobina e migliorare l’ossigenazione dei tessuti.
L’unica terapia potenzialmente curativa e “definitiva” sono il trapianto di cellule staminali o di midollo osseo. Tuttavia, sono riservate solo a una piccola parte dei pazienti a causa della difficoltà nel trovare donatori compatibili.
La prevenzione delle crisi falciformi
Le persone con anemia falciforme possono ridurre il rischio delle crisi falciformi o vaso-occlusive, seguendo le cure prescritte ma anche adottando tutta una serie di comportamenti. In particolare:
- È importante evitare quei fattori che riducono l’ossigenazione del sangue, come disidratazione, freddo intenso o sforzi eccessivi;
- Occorre trattare tempestivamente le infezioni, e prevenirle con antibiotici e vaccinazioni.
In caso di dolore, possono essere utilizzati dei farmaci analgesici come paracetamolo o ibuprofene e, nei casi più gravi, antidolorifici più potenti, purché sotto supervisione medica.
L’anemia falciforme si può prevenire?
No, l’anemia falciforme non può essere prevenuta, poiché si tratta di una malattia genetica ereditaria.
Alimentazione e anemia falciforme: che legame esiste?
Nelle persone con anemia falciforme l’alimentazione ha un ruolo di supporto, poiché può aiutare a ridurre la frequenza delle crisi, oltre che a sostenere la salute in generale. Non si tratta di una terapia in senso stretto, ma di un complemento utile a sostenere l’organismo, per questo è importante sapere cosa mangiare con l’anemia, con il supporto di un nutrizionista.
In particolare:
- Garantire un adeguato apporto di acido folico (vitamina B9), necessario alla produzione di nuovi globuli rossi. Si trova in alimenti come legumi, verdure a foglia verde e agrumi, ma può essere anche assunta sotto forma di integratore, purché sotto controllo medico;
- Seguire un’alimentazione equilibrata, povera di alcol e grassi saturi;
- Mantenere una buona idratazione, bevendo regolarmente acqua durante la giornata. La disidratazione può infatti aumentare la viscosità del sangue e favorire l’aggregazione dei globuli rossi deformati, potenzialmente facilitando l’insorgenza delle crisi vaso-occlusive.
Fonti:
- Obeagu, E. I., & Obeagu, G. U. (2023). Sickle Cell Anaemia in Pregnancy: A Review. International Research in Medical and Health Sciences, 6(2), 10–13. https://doi.org/10.36437/irmhs.2023.6.2.B
- Steinberg, M. H. (2020). Fetal hemoglobin in sickle cell anemia. Blood, 136(21), 2392–2400. https://doi.org/10.1182/blood.2020007645
- Williams, T. N., & Thein, S. L. (2018). Sickle Cell Anemia and Its Phenotypes. Annual Review of Genomics and Human Genetics, 19(1), 113–147. https://doi.org/10.1146/annurev-genom-083117-021320