Solanina in patate, pomodori e melanzane: rischi per la salute
La solanina è un alcaloide naturale presente in patate, pomodori, melanzane e peperoni. In dosi elevate può causare intossicazione, con sintomi gastrointestinali e neurologici.

La solanina è un composto tossico che viene prodotto da alcune piante della famiglia delle Solanacee, come patate e melanzane. In piccole quantità non crea problemi per la salute, ma se consumata in maniera eccessiva può avere degli effetti nocivi sull’organismo.
Cos’è la solanina?
La solanina è un glicoalcaloide tossico appartenente alla famiglia degli alcaloidi. Si tratta di composti azotati che molte piante producono come meccanismo di difesa.
Dal punto di vista biochimico è un cosiddetto metabolita secondario. Non partecipa direttamente ai processi vitali della pianta, ma, piuttosto, contribuisce alla sua protezione da insetti, funghi e altro.
È termostabile, ovvero resiste alle temperature comuni di cottura. Ciò significa che bollitura, frittura o altre tecniche culinarie non ne eliminano in modo significativo la presenza, rendendo il rischio di esposizione legato soprattutto alla quantità ingerita.
Dove si trova la solanina?
La solanina è presente in diversi alimenti di uso comune, tutti appartenenti alla famiglia delle Solanacee.
La sua concentrazione non è sempre uguale, ma piuttosto varia anche di molto in base a:
- Grado di maturazione;
- Condizioni di conservazione;
- Alcuni fattori ambientali, come la presenza di luce o di agenti patogeni.
Andando più nello specifico, gli alimenti che contengono solanina sono:
- Le patate, comprese le patate dolci. Qui la sostanza è concentrata nella buccia, nei germogli e nelle zone verdi che si formano quando i tuberi vengono esposti alla luce.
Anche i tuberi immaturi ne contengono quantità più elevate rispetto a quelli maturi, mentre la conservazione in luoghi troppo caldi o umidi ne favorisce un ulteriore incremento. Si ritiene che circa il 60-80% della solanina si concentri nei primi millimetri sotto la buccia: per questo, e perché la parte interna del tubero ne contiene quantità molto inferiori, la sbucciatura “profonda” tende a ridurne sensibilmente il contenuto; - I pomodori. In questo caso la presenza di solanina è rilevante solo quando i frutti sono acerbi, cioè verdi. Durante la maturazione i livelli diminuiscono fino a diventare trascurabili. Il consumo di pomodori maturi non comporta quindi particolari rischi, mentre l’assunzione di grandi quantità di pomodori verdi può potenzialmente esporre a un maggiore contenuto della sostanza;
- Le melanzane. Queste ultime contengono naturalmente solanina, soprattutto nei frutti non ancora maturi. Con l’ingrossamento e la maturazione il livello si abbassa, rendendone sicuro il consumo purché in quantità “normali”;
- I peperoni, che presentano tracce di solanina quando sono verdi. La sostanza diminuisce progressivamente con la maturazione e i peperoni rossi o gialli ne contengono quantità minime.
Oltre ai frutti, anche altre parti delle piante di questa famiglia, come foglie e steli, ne hanno concentrazioni elevate, motivo per cui non vengono consumate.

Quali sono gli effetti della solanina sull’organismo e quali sono i sintomi dell’intossicazione?
La solanina ha sull’organismo degli effetti tossici che dipendono principalmente dalla quantità ingerita.
A basse dosi non provoca conseguenze, mentre oltre una certa soglia può diventare anche molto dannosa.
Si ritiene che l’assunzione di 1-3 mg per chilo di peso corporeo possa indurre alcuni sintomi di tossicità, mentre quantità superiori (pari a circa 3-6 mg/kg) possono addirittura risultare fatali.
L’azione della sostanza si manifesta soprattutto a livello gastrointestinale e neurologico.
Per quanto riguarda l’apparato digerente, la solanina può irritare le mucose dello stomaco e dell’intestino, e nello specifico causare sintomi come:
- Nausea;
- Vomito
- Crampi addominali;
- Diarrea.
Sul sistema nervoso, invece, la solanina agisce soprattutto interferendo con la trasmissione dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nel controllo muscolare e in altre funzioni autonome. Per questo motivo può causare sintomi come:
- Sonnolenza;
- Vertigini;
- Mal di testa;
- Nei casi più gravi, allucinazioni, confusione o perdita di sensibilità.
Altri effetti segnalati riguardano il sistema circolatorio, con alterazioni del battito cardiaco e, in casi estremi, difficoltà respiratorie. Tuttavia, occorre sottolineare che nella letteratura scientifica sono descritti, sebbene considerati più rari, episodi di febbre, dilatazione delle pupille e, in condizioni critiche, paralisi.
Ad ogni modo, un’intossicazione “tipica” da solanina tende a risolversi spontaneamente nel giro di circa 24 ore, sebbene sia sempre buona norma allertare il proprio medico.
La solanina, comunque, come sostanza può avere anche degli effetti benefici. Infatti, ad oggi se ne stanno studiando le potenziali proprietà antitumorali in ambito medico (Vásquez et al., 2019).
Come ridurre i rischi?
Ridurre i rischi legati all’ingestione di solanina è possibile adottando alcuni semplici accorgimenti, soprattutto riguardanti la scelta, la conservazione e la preparazione degli alimenti che ne contengono.
Per quanto riguarda le patate, è importante conservarle in ambienti freschi, asciutti e, soprattutto, al buio. Infatti, l’esposizione alla luce stimola la formazione di clorofilla e con essa stimola un aumento della solanina.
Anche le basse temperature, come quelle del frigorifero, possono favorire alterazioni indesiderate.
Oltre a ciò, i tuberi con parti verdi, ammaccature diffuse o numerosi germogli non dovrebbero essere consumati. Se i segni sono limitati, invece, nella maggior parte dei casi è sufficiente eliminare le aree interessate e sbucciare le patate in profondità.
Nei pomodori e nelle melanzane, il contenuto cala progressivamente con la maturazione. Per questo è preferibile consumare questi alimenti ben maturi, evitando quantità eccessive di frutti acerbi, che contengono livelli più elevati. Nei peperoni vale lo stesso principio. Il contenuto si riduce con il viraggio dell’alimento dal verde al rosso o al giallo.
Infine, un sapore amaro o una sensazione di bruciore in bocca sono segnali che, normalmente, indicano una concentrazione superiore alla norma. In questi casi è opportuno scartare l’alimento, per evitare potenziali pericoli.
È importante anche tenere presente che la cottura non elimina completamente la solanina, perché è una molecola cosiddetta termostabile.
Fonti:
- Moreb, N., O’Dwyer, C., Jaiswal, S., & Jaiswal, A. K. (2020). Pepper. Elsevier EBooks, 223–238. https://doi.org/10.1016/b978-0-12-812780-3.00013-1
- Vasquez, A. O., Arzola, V. A., Ang&#;lica, M., Víctor Hugo Urrutia-Ba, & Su&#;rez-O, F. (2019). Toxicity, Teratogenicity and Anti-cancer Activity of α-solanine: A Perspective on Anti-cancer Potential. International Journal of Pharmacology, 15(3), 301–310. https://doi.org/10.3923/ijp.2019.301.310