Coagulazione del sangue: come funziona e quando preoccuparsi
La coagulazione del sangue è il processo che permette di fermare le emorragie attraverso la formazione di un coagulo. Vediamo come funziona, quali fattori la influenzano e i principali disturbi che la coinvolgono.

La coagulazione del sangue è un meccanismo vitale che impedisce perdite di sangue eccessive dopo una lesione. Se alterato, può causare problemi anche molto gravi.
Cos'è la coagulazione del sangue?
La coagulazione del sangue è un meccanismo che permette di trasformare il sangue da fluido a una massa semisolida capace di arrestare una perdita ematica. La massa semisolida in questione viene chiamata coagulo, ed è formato da piastrine, fibrina e altre cellule del sangue tra cui globuli bianchi e globuli rossi, che insieme vanno a “sigillare” il punto lesionato.
Questo processo è estremamente importante, poiché garantisce che le lesioni non provochino emorragie prolungate e potenzialmente pericolose.
Se l’attività coagulativa è insufficiente, infatti, il rischio è quello di emorragie gravi anche in seguito a traumi banali.
Al contrario, quando il processo è eccessivo, il sangue può coagulare senza motivo, formando dei trombi che possono causare complicazioni anche molto gravi, a carico dell’apparato cardiocircolatorio e non solo.
Quali sono le fasi della coagulazione?
Le fasi della coagulazione del sangue sono diverse e avvengono in sequenza. In particolare:
- La prima fase è la cosiddetta vasocostrizione. Il vaso sanguigno lesionato si restringe per ridurre la fuoriuscita di sangue;
- A questo punto, le piastrine aderiscono al punto lesionato. Riescono a farlo grazie ad una particolare proteina, e rilasciano delle sostanze che richiamano “sul posto” altre piastrine, formando una sorta di tappo;
- A questo punto entra in gioco la cosiddetta cascata coagulativa. Si tratta di una catena di reazioni tra le proteine presenti nel plasma, i cosiddetti fattori della coagulazione. Ogni fattore attiva il successivo fino a produrre la fibrina. Quest’ultima è una proteina filamentosa che crea una rete capace di “intrappolare” le cellule del sangue, andando a rinforzare il coagulo;
- Una volta formato, il coagulo subisce la retrazione. La rete di fibrina si contrae, va a compattare il tappo e rilascia siero, rendendo il coagulo più solido;
- Quando la lesione si è rimarginata, inizia invece la fibrinolisi. Si tratta della dissoluzione controllata del coagulo tramite l’azione della plasmina, un enzima che degrada la fibrina.
La coagulazione del sangue, quindi, è sì efficace, ma anche temporanea e limitata, quando ben funzionante, all’area della lezione.
Quali sono i fattori che influenzano la coagulazione?
I fattori che influenzano la coagulazione del sangue sono diversi, e determinano se il processo avviene in modo corretto o meno. Dunque, possono essere tra le cause dei problemi della coagulazione del sangue. Tra questi:
- La disponibilità di piastrine e il loro funzionamento corretto. Se il numero di piastrine è troppo basso, o se non riescono ad attivarsi, il coagulo tende a non formarsi in maniera adeguata, aumentando il rischio di emorragie;
- La presenza dei fattori della coagulazione, in quanto una carenza, ereditaria o acquisita che sia, può impedire la formazione della fibrina, rendendo instabile il coagulo;
- La presenza di vitamina K, fondamentale per l’attivazione di alcuni fattori della coagulazione. Una carenza può quindi causare dei sanguinamenti eccessivi anche a seguito di piccole ferite. Se invece vi è un eccesso, quest’ultimo può portare alla formazione di trombi, ovvero coaguli che nascono all’interno dei vasi sanguigni senza che vi sia un motivo reale, che possono a loro volta alterare la pressione sanguigna.
Quali sono gli esami per valutare la coagulazione del sangue?
Esistono diversi esami per valutare la coagulazione del sangue, e sono necessari per capire se il processo funziona in modo corretto o presenta delle anomalie.
Sono test che analizzano sia la velocità con cui si forma un coagulo, sia la quantità di proteine coinvolte.
Tra questi:
- Il tempo di protrombina (PT), che misura quanto tempo impiega il sangue a coagularsi attraverso la cosiddetta via estrinseca, quella che si attiva in seguito a un danno ai tessuti. È particolarmente utile per monitorare l’andamento delle terapie anticoagulanti, nonché per individuare eventuali deficit di alcuni fattori della coagulazione;
- Il tempo di tromboplastina parziale (PTT) valuta invece la via intrinseca, che si attiva quando il sangue entra in contatto con superfici diverse da quelle vascolari. Delle alterazioni di questo parametro possono segnalare la presenza di alcuni problemi congeniti, come l’emofilia, oppure alcune condizioni acquisite che possono andare ad influenzare il buon funzionamento della coagulazione del sangue;
- Il dosaggio del fibrinogeno, ovvero la proteina che costituisce la “base” della rete di fibrina: valori eccessivamente bassi rendono il coagulo eccessivamente fragile, mentre livelli eccessivi possono, invece, aumentare il rischio di trombosi.
I valori normali e le alterazioni
I valori normali dei test di coagulazione del sangue indicano che il processo funziona in modo equilibrato, mentre le alterazioni in questi valori segnalano, invece, un rischio di sanguinamento o di trombosi.
- Per quanto riguarda il tempo di protrombina (PT), i valori normali sono, in genere, tra i 10 e i 12 secondi. Un allungamento dei tempi indica che la via estrinseca è rallentata, e questo può dipendere da carenze di vitamina K, da patologie epatiche o dall’uso di farmaci anticoagulanti;
- Il tempo di tromboplastina parziale (PTT) risulta alterato quando la via intrinseca non funziona correttamente. I valori normali si attestano in genere tra i 24 e i 38 secondi. Un PTT prolungato può segnalare la presenza di deficit di alcuni fattori della coagulazione;
- I livelli normali di dosaggio del fibrinogeno sono, invece, compresi tra 150 e 400 mg/dl. Livelli ridotti rendono il coagulo instabile e più soggetto a dissolversi precocemente, mentre concentrazioni elevate possono essere associati a stati infiammatori o a una maggiore predisposizione alla formazione di trombi.

I disturbi della coagulazione: cause e sintomi
I disturbi della coagulazione del sangue derivano da squilibri che rendono il processo troppo lento o, al contrario, eccessivamente rapido.
Quando la coagulazione è insufficiente, anche piccole lesioni possono provocare emorragie prolungate.
Le cause possono essere:
- Ereditarie, come nell’emofilia o nella malattia di von Willebrand, che comportano delle anomalie nei fattori della coagulazione;
- Acquisite, che possono essere causate da carenza di vitamina K, alcune malattie del fegato o l’uso di farmaci anticoagulanti
I sintomi più comuni di una coagulazione insufficiente includono:
- Sanguinamenti frequenti, anche dal naso e dalle gengive;
- Comparsa di lividi senza che vi siano stati traumi evidenti;
- Perdite ematiche abbondanti anche a seguito di piccole ferite.
Al contrario, quando la coagulazione è eccessiva, il sangue tende a formare coaguli anche senza che vi sia un danno vascolare.
Questo stato, chiamato trombofilia, può essere dovuto a:
- Mutazioni genetiche;
- Condizioni acquisite, tra cui la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, l’obesità, la tendenza al tabagismo e l’immobilità prolungata.
In questi casi i sintomi variano in base alla sede e possono comprendere:
- Gonfiore e dolore a un arto, in caso di trombosi venosa profonda;
- Improvvisa difficoltà a parlare o muovere un lato del corpo, in caso di ictus;
- Dolore toracico improvviso, che può evidenziare la presenza di un infarto;
- Alterazioni della frequenza cardiaca;
- Mancanza di respiro e dolore al petto, in caso di embolia polmonare.
Come prevenire e gestire i problemi di coagulazione?
La prevenzione e la gestione dei problemi di coagulazione del sangue dipendono dal tipo di alterazione, ma seguono alcuni principi comuni che puntano a mantenere o ripristinare l’equilibrio tra formazione e dissoluzione dei coaguli.
Quando la tendenza è verso la coagulazione eccessiva, la terapia prevede spesso l’utilizzo di farmaci anticoagulanti o antiaggreganti.
Gli anticoagulanti bloccano l’attività di alcuni fattori della coagulazione, mentre gli antiaggreganti riducono la capacità delle piastrine di aderire tra loro.
Nei casi di coagulazione del sangue insufficiente, invece, il trattamento può includere la somministrazione dei fattori mancanti, mentre, se la causa è una carenza di vitamina K, si possono valutare dei cambiamenti nella dieta o l’integrazione.
Sono poi importanti le misure di prevenzione quotidiana. Tra queste:
- Mantenere un peso corporeo adeguato;
- Smettere di fumare;
- Bere a sufficienza;
- Praticare regolare attività fisica, evitando l’immobilità prolungata.
Fonti:
Weisel, J. W., & Litvinov, R. I. (2019). Red blood cells: the forgotten player in hemostasis and thrombosis. Journal of Thrombosis and Haemostasis, 17(2), 271–282. https://doi.org/10.1111/jth.14360